Borsellino quater, Folena: “Mori non mi parlò mai di Vito Ciancimino”
“Il colonnello Mario Mori non mi parlò di contatti con confidenti o con Vito Ciancimino ma sicuramente non fece considerazioni di natura rilevanti”. Lo ha detto deponendo in Corte d’assise a Caltanissetta al processo Borsellino-quater l’ex leader siciliano del Pci, Pietro Folena, all’epoca componente della Commissione parlamentare antimafia. Nell’agenda del prefetto Mario Mori, che è stata acquisita dalla Corte, a luglio e novembre 1992, risulta che i due “conferirono” .
“Quando mi incontravo con Mori – ha detto Folena – parlavamo di infiltrazioni mafiose nell’ambito dei grandi appalti”. Quindi sui contatti di novembre Folena ha detto di ricordare che venne istituito “un gruppo di lavoro sugli appalti che cominciò a occuparsi di appalti e mi pare che venne sentito anche il capitano De Donno. Io facevo parte di questo gruppo di lavoro, perché mi interessava capire i rapporti economici e dei lavori pubblici in Sicilia. Può darsi che questo contatto con Mori sia in relazione all’avvio di questi lavori”.
Folena ha poi detto di non aver mai saputo che “Vito Ciancimino volesse essere ascoltato dalla commissione, io non ero capogruppo che era Carbone: forse l’audizione era stata disposta dal consiglio di presidenza della Commissione Antimafia”.
Folena ha quindi parlato del sentimento di paura e del passo indietro che una parte politica “sembra stesse facendo” già dopo l’omicidio Lima. Dopo ave spiegato che quella paura riguardava esponenti della Dc Folena ha detto “per esempio, l’onorevole Mannino che era stato presente e impegnato nella vita politica, ebbi la sensazione che fece un passo indietro; l’onorevole Vizzini quando si ritirò ebbi l’impressione che ci fosse grande sentimento di paura nei grandi responsabili”. Sollecitato a spiegare questo sentimento di paura Folena ha detto: “ Diciamo che poi svolsero una vita politica secondaria. Io ho avuto la percezione che fossero impauriti. Ricordo un colloquio alla camera, due anni dopo, con Mannino che esprimendo giudizi critici sulle erano già partite accuse ad Andreotti, mi disse ‘Qui è finito tutto, negli Usa hanno stabilito di fare un cambiamento politico in Italia’ riferendosi espressamente alle accuse mosse ad Andreotti. Mi ha dato l’idea di una persona che avesse capito che era terminato un ciclo. Ma sono mie sensazioni”.
Oggi la Corte d’assise di Caltanissetta, ha disposto, su richiesta del Pm Stefano Luciani, la trasmissione degli atti alla Procura per valutare la condotta della direzione del carcere di Viterbo dove è detenuto da qualche settimana Salvino Madonia.
L’imputato nel processo per la strage Borsellino da diverse udienze lamentava di essere stato privato di documenti difensivi e di veder sottoposti alla censura i propri appunti processuali. La Corte aveva subito emesso un’ordinanza, con la quale accoglieva la richiesta di Madonia, che parrebbe non esser stata rispettata in carcere e così il Pm oggi, dopo l’ennesima lamentela dell’imputato, ha chiesto la trasmissione degli atti. Alla ferma richiesta della Procura si era opposta l’Avvocatura dello stato sostenendo che la Corte non poteva disporre sul regime detentivo di Madonia.
Il processo è stato rinviato al prossimo 6 maggio quando deporranno i magistrato, Massimo Russo, l’ex presidente della Camera, Luciano Violante ed il giornalista Raul Passeretti.