Tar Palermo, una ditta non è mafiosa anche se i soci hanno parenti mafiosi

L’esistenza di un rapporto di parentela con un soggetto ritenuto vicino alla malavita organizzata non e’ sufficiente a suffragare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in un’attivita’. Lo sostiene il Tar di Palermo che ha accolto il ricorso, presentato dall’avvocato Girolamo Rubino, contro la decisione di revocare alla societa’ Siculiana Cave il permesso di esercitare l’attivita’ di cava nel territorio del Comune di Siculiana, sulla base di una un’informativa antimafia della Prefettura di Agrigento. Nell’informativa si sosteneva che i soci Francesco e Giuseppe Drago erano parenti di un indiziato di mafia. Per effetto della relazione il distretto minerario di Caltanissetta ha comunicato alla societa’ la decadenza dell’autorizzazione. Si sono costituiti in giudizio il ministero dell’Interno, la prefettura di Agrigento e l’assessorato regionale dell’Energia. Gia’ in sede cautelare il Tar aveva ritenuto fondato il ricorso e aveva ordinato alla prefettura di Agrigento ed all’amministrazione regionale di riesaminare, rispettivamente, l’informativa prefettizia ed il provvedimento di decadenza. Esaminando il merito della controversia, poi, il Tar ha annullato il provvedimento di decadenza dall’autorizzazione all’attivita’ di cava esercitata dalla societa’ basato esclusivamente sull’informativa “atipica” impugnata e ha condannato entrambe le amministrazioni al pagamento delle spese giudiziali. (Fonte Ansa)

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