L’ultimo giorno di vita di Paolo Borsellino
Domenica 19 luglio 1992. È l’ultimo giorno di vita di Paolo Borsellino. Comincia presto, prestissimo: con una telefonata della figlia, Fiammetta, che si trova in vacanza in Thailandia. Sono le 5 del mattino. Dopo aver risposta alla figlia il magistrato si chiude nel suo studio di casa. Il racconto di quelle ultime ore di vita è stato fatto dai familiari.
L’agenda grigia di Paolo Borsellino, è vuota. Così come negli spazi del giorno precedente. L’ultima annotazione è di venerdì 17. Il procuratore aggiunto è ancora a Roma. Era arrivato il giorno precedente per andare alla Dia e per incontrare Gianni De Gennaro. Nella capitale Paolo Borsellino era rimasto fino al primissimo pomeriggio di venerdì. Poi era rientrato a Palermo e da lì era andato a Villagrazia.
Quel 19 luglio, hanno raccontato i familiari, alle 7 è arrivata una telefonata del Procuratore di Palermo, Pietro Giammanco. Borsellino, raccontarono i familiari, subito dopo era arrabbiato. E molto. L’oggetto della conversazione fra i due magistrati era la delega delle indagini su Palermo ma anche le polemiche sugli interrogatori del pentito Gaspare Mutolo.
La conversazione con Giammanco – che il 13 luglio aveva ricevuto, dagli allora sostituti procuratori Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, 88 pagine con la richiesta (nella foto) di archiviare il dossier del Ros dei carabinieri, ‘mafia e appalti’, voluto da Giovanni Falcone e al quale anche Borsellino si era interessato (il procuratore ‘visterà’ la richiesta il 22 luglio ed il Gip Sergio La Commare lo archivierà il 14 agosto) – si conclude con l’annuncio che il giorno dopo, lunedì 20 luglio, il procuratore gli affiderà le deleghe che Paolo Borsellino sollecitava da tempo.
Borsellino e la moglie Agnese decidono di raggiungere la loro villetta a Villagrazia. Nella tarda mattinata li raggiungerà anche il figlio Manfredi. Poi un giro in barca con un amico, un bagno a Marina Longa e poi a pranzo con dei vecchi amici di famiglia, i Tricoli. Sarà poi Pippo Tricoli a rivelare che quel giorno Paolo Borsellino gli confidò di essere preoccupato: “è arrivato il tritolo per me”. Poi a Borsellino arriva la telefonata di Antonio Manganelli che gli comunicava i dettagli della imminente, nuova, trasferta in Germania. Poi un riposino e alle 16,30, con la sua immancabile borsa di pelle, nella quale i familiari giurano ci fosse anche l’agenda rossa, il magistrato saluta la moglie, il figlio Manfredi e si congeda dagli amici: “vado a prendere mia madre per portarla dal dottore”.
Alle 16 e 58 minuti, mentre Borsellino ha appena bussato al citofono della madre, al numero 19 di via Mariano d’Amelio, esplode l’autobomba che dilania il magistrato e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, capo scorta, 43 anni. Sposato, aveva perso la moglie ed era rimasto solo con le sue due figlie; Walter Cusina, 30 anni. Era nato in Australia. Morto durante il trasporto in ospedale. Lasciava la moglie Monica; Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto entrata a far parte di una squadra di agenti addetta alla protezione di obiettivi a rischio; Vincenzo Li Muli, 22 anni. Il più giovane della pattuglia. Da tre anni nella Polizia di Stato, aveva ottenuto pochi mesi prima la nomina ad agente effettivo; Claudio Traina, 26 anni. Arruolato in Polizia giovanissimo, dopo essere stato a Milano e Alessandria, aveva ottenuto da poco il trasferimento nella sua città: Palermo. Antonio Vullo, 32 anni, agente, sposato e padre di un figlio è l’unico riuscito a sopravvivere alla strage. Mentre i suoi colleghi si stringevano, come d’abitudine, attorno al magistrato, Vullo parcheggiava la macchina poco distante.
Da un punto di vista dell’esecuzione quello di via D’Amelio è un attentato ‘fotocopia’ di quello che in via Pipitone Federico aveva ucciso, anni prima, il giudice istruttore Rocco Chinnici. Ma è molto diverso da quello per via delle, numerose, anomalie che fin dai primi momenti successivi all’esplosione avvennero in quella strada. A cominciare dalla scomparsa dell’agenda rossa del magistrato per finire ai tanti interrogativi che ancora oggi, dopo 19 anni, sono rimasti irrisolti.
(da www.blogsicilia.it)