Papello e candelotti, i dubbi del Tribunale su Ciancimino
10 maggio 2011 – Sulle molteplici versioni fornite sul ‘Papello‘, le incongruenze nel successivo ‘contropapello’ e, soprattutto sui candellotti di dinamite rinvenuti in casa del teste, a giudicare dalle domande formulate dal presidente del Tribunale che si occupa del processo Mori-Obinu, sembra essere ‘saltata’ la credibilità di Massimo Ciancimino, quantomeno agli occhi del collegio giudicante.
Credibilità che, invece, i Pm sembrano ancora riconoscergli. Dopo l’interrogatorio condotto dal Pm, Antonino Di Matteo, e a conclusione del controesame, puntigliosamente condotto dall’avvocato Basilio Milio, che ha proceduto a contestazioni ‘ad abundantiam’ al teste (rilevando anche la presenza in un paio di documenti redatti a mano con parole, come “Berlusconi”, esattamente sovrapponibili fra loro), è stato il presidente del collegio, Mario Fontana, a chiedere conto e ragione delle molteplici, e mutevoli, versioni fornite da Ciancimino Jr sul ‘papello’, l’elenco di richieste di Cosa nostra allo Stato, che conteneva anche la ‘revoca’ del 41-bis.
Il presidente Fontana, proprio prendendo spunto dalla anomala presenza nel ‘papello’ del riferimento al 41 bis (che non era ancora stato modificato in peggio all’epoca della redazione dell’asserito ‘papello’, ndr) ha chiesto al teste assistito di spiegare come mai nel ‘contropapello’, che logicamente ha una data successiva al primo documento, mancasse il riferimento al 41 bis. Ciancimino Jr non ha saputo fornire una spiegazione.
Così come, quando il presidente del tribunale gli ha chiesto di chiarire il perchè dopo aver saputo da ‘Mister X’ che la sua vita era in pericolo ed aver ricevuto una confezione con una cinquantina di candelotti di dinamite (pare inviati da Matteo Messina Denaro), e la presenza minacciosa della fotografia del figlio, sia andato a parlarne con due giornalisti anziché con i Pm, Ciancimino ha fornito una risposta che non è sembrata convincere molto il tribunale, che ha anche mostrato perplessità sul fatto che, gran parte dei documenti prodotti dal teste, siano sempre fotocopie: anche le bozze.
In avvio di udienza i Pm Di Matteo e Antonio Ingroia avevano chiesto al tribunale e alla difesa di Mori di non domandare a Massimo Ciancimino – che è anche indagato per concorso in associazione mafiosa – il nome dell’uomo che gli avrebbe fornito i documenti su De Gennaro, per i quali il figlio di don Vito è finito in cella per calunnia aggravata.
All’inizio dell’esame i Pm hanno chiesto a Ciancimino Jr di ricordare quando, nel 1993, suo padre Vito nominò come proprio difensore nel processo ai sindaci l’avvocato Nicolò Amato, ex direttore del Dap. “Ricordo che mio padre mi chiese di contattare l’avvocato Amato. Noi familiari – ha detto Ciancimino – rimanemmo stupiti perché nella fase finale di un processo e con gli avvocati che già aveva, non capivamo perché questa ennesima nomina. Mio padre disse di non commentare o fare altre analisi perché questo gli era stato suggerito dal colonnello Mori e dal capitano De Donno, perché quella nomina gli sarebbe stata utile in futuro”.
Poi Massimo Ciancimino ha spiegato che “tutti i documenti consegnati erano negli archivi a disposizione mia o dei familiari, e ciò fino al 7 aprile 2010. Quel giorno sono stato avvicinato da un personaggio che con tono amichevole ricordò tempi passati. Mi disse di aver ricevuto copia del libro manoscritto da mio padre ‘Le mafie’ accompagnato da documentazioni”. L’uomo, pare un militare dell’Arma dei carabinieri, avrebbe detto a Massimo Ciancimino di essere stato l’autista del generale Paolantoni, un ufficiale che avrebbe frequentato in passato casa Cancimino.
L’uomo, che il tribunale ha ‘ribattezzato’ “Mister X”, si presentò a palazzo Steri “alla presentazione del libro e mi disse che aveva del materiale da darmi. Mi ha consegnato – ha detto Massimo Ciancimino – quattro documenti. Parlando riportava parole che ho sempre sentito pronunciare a mio padre. E, in particolare, mi disse , che vittima della trattativa erano stati mio padre e il colonnello Mori e che la vera trattativa l’avevano fatta altri soggetti”.
Poi, sollecitato dal Pm Nino Di Matteo, che gli aveva ricordato di non fare il nome del ‘Signor X’ perchè ci sono indagini in corso, Ciancimino Jr, omettendo il nome dell’accusatore ha fatto i nomi degli ‘accusati’: “Secondo questo signore – ha detto Ciancimino – la trattativa è stata fatta da De Gennaro e Mancino”. Ciancimino jr ha poi dichiarato di aver saputo nel marzo scorso, sempre da ‘Mister X che era pronto un “piano per ucciderlo”.
Del fatto il teste ha detto di averne parlato con due giornalisti: Francesco La Licata, coautore del libro “Don Vito”, e Francesco Viviano di Repubblica. Il primo avrebbe consigliato a Ciancimino di lasciare Palermo. Il secondo invece l’avrebbe rassicurato sostenendo che a Palermo “non c’è aria di attentati”.
Sempre rispondendo al Pm Di Matteo Ciancimino Jr ha detto di non aver consegnato subito un documento del padre ai Pm “perchè c’era un giudizio non carino di mio padre nei confronti del mio coautore” del libro. Il documento in questione faceva riferimento a un articolo di fine 1992 de La Stampa che Vito Ciancimino definì “un esempio di giornalismo cialtrone”. Nell’articolo, che è stato acquisito dal tribunale, si raccontava di un incontro occasionale in un ristorante di Roma con Tommaso Buscetta, che era da solo e senza scorta nonostante, all’epoca, fosse uno dei pentiti più importanti e a rischio.
Nel corso dell’esame Ciancimino Jr, ha rivelato, inoltre, che i difensori di Graviano e Riina i difensori ‘sondarono’ Vito Ciancimino per vedere se convincevano a deporre al processo per le stragi ma il padre “fece una teleconferenza e si avvalse della facoltà di non rispondere”. Nel corso dell’esame il figlio di Don Vito ha anche lamentato che a seguito delle sue dichiarazioni “mi trovo indagato da quattro procure. Se io mi fossi avvalso della facoltà di non rispondere non mi troverei in questa situazione”.
Poi però, nel corso del controesame della difesa di Mori è uscito fuori il contenuto del verbale del 22 aprile scorso nel quale Ciancimino diceva: “Fatemi uscire, fatemi vedere mio figlio. Il documento l’ho falsificato io per avallare la tesi di mio padre che mi aveva indicato De Gennaro come persona collegata al signor Franco”. Affermazioni fatte mentre i Pm gli chiedevano se, per caso, quei documenti glieli avesse consegnati qualcuno.
Poi sabato scorso Massimo Ciancimino ha fatto, ai Pm di Palermo, il nome di ‘Mister X’ che avrebbe lasciato al figlio di Don Vito anche un biglietto da visita.