Angelino e il vello d’oro
Girgintano di nascita, berlusconiano d’adozione, il primo segretario del Pdl, Angelino Alfano, 41 anni il prossimo 31 ottobre, nella sua terra natia, Agrigento, è considerato simpaticamente come uno dei ‘Dioscuri’, Castore e Polluce, i gemelli figli di Zeus che secondo la mitologia greca e romana fecero parte degli Argonauti impegnati nella ricerca del vello d’oro.
La carriera politica di Angelino, inzia all’ombra della Valle dei Templi, del padre Angelo e, soprattutto di Gaetano Trincanato, un potensissimo democristiano agrigentino che spadroneggiava in provincia nonostante le contemporanee presenze di Calogero Mannino e Salvatore Sciangula. I primi passi, giovanissimo, li muove all’interno del movimento giovanile della vecchia Dc dove conquista posizioni di rilievo.
Poi scopre la sua passione per il giornalismo e comincia a scrivere per un mensile cattolico, Amico del popolo quindi, utilizzando uno pseudonimo, inzia una collaborazione con il quotidiano La Sicilia.
«Gli facevo scrivere le note politiche – racconta l’allora capo della redazione di Agrigento del quotidiano catanese, Franco Castaldo – e lui mi lasciava gli articoli, scritti a macchina, nella cassetta delle lettere della redazione: nessuno sapeva che fosse lui a scrivere quei pezzi».
Il ‘tesserino’ verde di pubblicista, Alfano lo acquisisce il 5 giugno del 1990. Poco dopo, mentre continua la sua attività politica scoppia tangentopoli. Gli ex Dc, anche i giovani, non vengono visti di buon occhio dai componenti delle nuove formazioni politiche. Il 1994 è l’anno della nascita di Forza Italia e del primo governo a guida Silvio Berlusconi.
Anche la Sicilia è ‘travolta’ dalla nuova onda di rinnovamento della classe politica. Angelino Alfano, che ha 24 anni, quell’onda vuole cavalcarla e con lui, il suo ‘gemello’ Dioscuro, Michele Cimino, di due anni più grande, e attuale deputato regionale nelle file di Forza del Sud.
Hanno studiato assieme, si sono laureati in Giurisprudenza all’università Cattolica di Milano, entrambi sono di matrice democristiana, entrambi abbracciano la fede del Cavaliere, ma trovano il loro cammino ‘sbarrato’ dall’ostruzionismo dei ‘nuovi’ che li considerano, nonostante la giovanissima età, ‘dei vecchi democristiani’.
«Li ho aiutati io a candidarsi entrambi» racconta Castaldo legato da vecchia amicizia con Marianna Li Calzi, un magistrato che era da poco arrivata a Montecitorio nelle fila di Forza Italia, e in breve era divenuta politicamente influente ad Agrigento e, soprattutto all’interno del suo partito.
La Li Calzi, era una donna tenace e combattiva come la sua conterranea, Accursia Pumilia, una ardimentosa giovane di Agrigento che nel 1906 chiese, senza ovviamente riuscirvi, di essere iscritta nelle liste elettorali.
«Parlai con Marianna – prosegue – e alle elezioni provinciali del 12 giugno 1994, i ‘gemelli’ Angelino Alfano e Michele Cimino, furono ammessi, entrambi, ai nastri di partenza nelle fila di Forza Italia: Alfano si candidò, però, come ‘indipendente’».
I due ‘gemelli’ vinsero. Anzi, per meglio dire, quella fu la prima, di una lunga serie di competizioni elettorali, in cui Angelino, pur raggiungendo l’obiettivo, si vedrà superare da Cimino. I due sono amici, ma fra loro c’è, e ci sarà anche negli anni a venire, competizione. «Li chiamavano ‘Dioscuri’ – spiega ancora Castaldo – con disprezzo. Ma era solo invidia perchè erano giovani, belli e soprattuto avevano i voti».
Nel 1996 Castore e Polluce fanno il grande salto: l’Assemblea regionale siciliana. Gianfranco Miccichè fiuta che i due ‘gemelli’ hanno la stoffa per fare strada. Alfano, con i suoi 26 anni, diventa il più giovane deputato regionale nel governo Provenzano, Miccichè fa in modo che Cimino vada a presiedere una commissione mentre Alfano fa il ‘vice’ del capogruppo Titti Bufardeci.
In breve, però, quell’esecutivo cade e all’alba del nuovo governo, nel 1998, guidato da Giuseppe Drago, Alfano, destando lo stupore (e anche lo sconcerto) di vecchie volpi della politica isolana, diventa capogruppo al posto di Bufardeci, nel frattempo nominato assessore. Nelle more Alfano si sposa con Tiziana Miceli con la quale ha avviato uno studio legale associato assieme a Cirino Gallo (attuale sindaco di Acquedolci nel Messinese) e la moglie di quest’ultimo.
Lo studio in via Mazzini ad Agrigento, c’è ancora, così come la targa con il suo nome. L’avvocato Angelino Alfano, ad Agrigento, però, non se lo ricordano. Nello studio associato, nonostante siano rimasti ‘orfani’ a causa della politica, le cose, fortunatamente, camminano. Gallo, infatti, è stato consulente del Comune di Agrigento nell’era in cui sindaco era Piazza, un ‘cavallo’ su cui aveva puntato Angelino, mentre la moglie si è presa la soddisfazione, nel 2009, di surclassare, per reddito, il ‘povero’ Guardasigilli, guadagnando ben 61mila euro più di lui.
Dopo aver fatto sbocciare i ἀori d’arancio, il novello sposo Angelino, nel 2001, quando in Sicilia si deve tornare al voto per eleggere il presidente della Regione, viene evocato nelle stanze di Forza Italia. Per giorni, si parla dell’ipotesi di candidare quel giovane che, nel frattempo, si era già attirato le simpatie di Berlusconi. Alla ἀne, però, il candidato del centro destra sarà Salvatore Cuffaro. Le competizioni personali, e dirette, fra Cimino e Alfano si chiudono qui.
Il primo, sceglie di rimanere in Sicilia, e resta all’Ars, il secondo, posizionato dietro il numero uno, Gianfranco Miccichè, vola a Roma. È l’anno del famoso 61-0 in Sicilia. Poi, nel 2003, Giulio Tremonti farà in modo che Alfano sia il relatore della finanziaria. L’attività parlamentare di Alfano, in quegli anni, non resterà certamente alla storia per intensità.
Angelino, infatti, è proiettato verso i vertici del partito di Silvio Berlusconi (al quale si rivolgeva, e si rivolge ancora, dando del lei). A palazzo Grazioli, Angelino, ha la stanza accanto a quella del premier che ne apprezza, sempre più, l’intelligenza, le capacità e, soprattutto, la fedeltà. I maligni dicono che, vista la posizione della stanza, Alfano fosse un vero e proprio assistente di Berlusconi, il segretario, visto che per passare dal grande capo, prima, bisognava parlare con lui.
Nel 2005, Gianfranco Miccichè gli affiderà il ruolo di coordinatore di Forza Italia in Sicilia. Da quel momento la ‘musica’, è diversa. Alfano in Sicilia, (ma anche a Roma) utilizza dei ‘filtri’ così stretti che, si racconta, la deputata regionale, Giulia Adamo, abbia atteso oltre due mesi per poter conferire con il coordinatore del proprio partito. Nel 2008, quando la Sicilia torna precipitosamente al voto dopo le dimissioni di Cuffaro, il nome di Alfano torna a circolare come candidato presidente proprio mentre Miccichè faceva un passo indietro per cedere il posto a Raffaele Lombardo.
Ma Angelino, di tornare in Sicilia, non vuole saperne. Pare che a sostenere questa sua scelta, abbia influito anche la moglie. Ed è forse anche per questo che, lo stesso anno, convince l’amico Aldo Piazza, sindaco di Agrigento, a non ricandidarsi per il secondo mandato. Nel frattempo, Alfano, ‘raffredda’ i propri rapporti con Gianfranco Miccichè e si avvicina al capogruppo del Senato, il palermitano, Renato Schifani.
Nel 2008 Alfano viene rieletto alla Camera e complice, forse, una legge elettorale secondo cui non servono i voti di preferenza per andare in Parlamento, utilizza filtri sempre più stretti per respingere l’eventuale presenza di acqua sporca. Filtri che lo hanno allontanato sempre più dalla natia Agrigento. Durante il suo percorso verso l’apice politico, Alfano ha chiuso pure la segreteria politica ad Agrigento e ha troncato molti rapporti politici «perchè è uno che le cose non se le scorda.
Non vuole occuparsi delle vicende di Agrigento – dice Castaldo – e per questo non ha più contatti con il territorio come una volta. La gente si lamenta e dice che ‘si spaventa’. Ma – spiega – forse ha capito che ad Agrigento può avere seri problemi.
La politica lo ha forgiato mettendogli sopra una dose di cinismo che non so se sia necessaria ma probabilmente aiuta». Qualche fastidio proveniente da Agrigento o da Palermo, Alfano, in effetti, lo ha avuto durante la sua carriera politica. Tanto che nel 2007, giurò a ‘la Repubblica’ che «d’ora in poi mi comporterò in maniera diversa». Il quotidiano, infatti, pubblicò, sulle pagine di Palermo, una fotograἀa in cui Alfano, poco dopo la sua elezione a deputato regionale, salutava, con un bacio, il padre della sposa di un suo amico.
La ‘giustificazione’ ed il giuramento di Alfano furono necessari perchè a ricevere il bacio era Croce Napoli, anni dopo individuato dagli investigatori come il capomafia di Palma di Montechiaro, nell’agrigentino.
Un altro fastidio, Alfano, pensò di poterlo ricevere da quello che nell’agrigentino veniva considerato un suo ‘delfino’, Vincenzo Giambrone.
Sfiorato da una indagine, per favoreggiamento alla mafia, che riguardava la sua segretaria, Giambrone che riteneva di poter essere eletto all’Ars con l’aiuto dell’angelo custode, si trovò però spiazzato dalla prudente scelta di Alfano di sostenere Nino Bosco.
La vicenda giudiziaria di Giambrone, finì con un nulla di fatto, così come la scalata di quest’ultimo all’Ars. Più fastidiosa, ma senza alcun seguito giudiziario, è la faccenda delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia agrigentino, Ignazio Gagliardo il quale ha riferito commenti di alcuni maἀosi in carcere, secondo i quali il padre di Angelino, Angelo, originario di Sant’Angelo Muxaro, avrebbe chiesto voti per il figlio, anche a mafiosi.
«Dichiarazioni senza fondamento» chiosò Alfano supportato anche dal fatto che mai nessuna azione è stata intrapresa dalla Procura di Palermo. Male, infine, Alfano è rimasto pure per una vicenda giudiziaria, tutt’ora in corso, che vede coinvolta una sua candidata alle regionali del 2006, la direttrice del carcere Pagliarelli di Palermo, Laura Brancato sospesa poi dal servizio dallo stesso ministro in attesa della definizione del processo.
Pure con il suo ‘gemello’, Michele Cimino, nel tempo, i rapporti si sono ‘allentati’. Anche quest’ultimo ha avuto qualche problema dopo le dichiarazioni di un pentito e per questo risulta indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma la Procura di Palermo ha già chiesto l’archiviazione delle indagini e lui, adesso ha scritto un libro La Sicilia prima di tutto nel quale racconta anche di Angelino Alfano.
Al suo fianco, adesso, sono Vincenzo Giambrone e Aldo Piazza, che ad Agrigento ricordano ancora quando a piedi o in motorino faceva campagna elettorale per Alfano. Lui, Angelino, dopo anni al Ministero della Giustizia, è tornato al Partito, come segretario alla ricerca del vello d’oro che, forse, ritiene non essere in Sicilia.
(da ilSud)