Borsellino, Ciancimino Jr ‘costretto’ a rispondere ai giudici “non rispondo”
Un’infinita sequenza di “mi avvalgo della facoltà di non rispondere” seguita da una altrettanto pedissequa richiesta da parte del presidente della Corte d’assise di spiegare dettagliatamente i motivi del rifiuto di rispondere, ha caratterizzato la deposizione di Massimo Ciancimino al processo quater per la strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta. Quella di oggi (11.02.2014) è stata un’udienza ricca di tensione fra la pubblica accusa e l’avvocato Fabio Repici, che assiste come parte civile Salvatore Borsellino. A sorpresa la Corte ha deciso che la veste giuridica di Massimo Ciancimino, imputato a Palermo nel cosiddetto processo sulla trattativa, doveva essere quella di testimone assistito anziché quella di imputato di reato connesso, con la quale i pm l’avevano citato. Ciò ha impedito a Ciancimino di avvalersi, una sola volta per tutte, della facoltà di non rispondere alle domande.
Ciancimino, comunque, non risposto a nessuna delle numerose domande formulategli dai Pm ritenendole strettamente connesse ai fatti per cui è imputato a Palermo. Quando il teste ha detto di non poter rispondere ad una domanda perché avrebbe dovuto dare spiegazioni sul “signor Franco”, soggetto che secondo la procura nissena sarebbe stato calunniato dallo stesso figlio dell’ex sindaco di Palermo, l’avvocato Repici ha esclamato: “Ma il signor Franco è una entità fumettistica, non esiste”. Nel corso del controesame l’avvocato Repici ha ottenuto una prima risposta alla domanda “Lei è figlio di Vito Calogero Ciancimino?”, “Sì ha risposto il teste”, è riuscito ad ottenere in risposta che “nel 1992 mi vedevo con mio padre”, “mio padre aveva avuto varie cariche politiche all’interno della DC. Era profondo conoscitore ed era al vertice della corrente ‘cianciminiana’. Mancino era nella sinistra Dc. Anche Rognoni faceva parte di quell’area di centro sinistra. Mannino faceva parte della corrente manniniana, area centro sinistra”. Poi fra decine di “mi avvalgo della facoltà di non rispondere” alla domanda “Ha mai incontrato a Roma Contrada?” Massimo Ciancimino ha detto: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere perché l’ho incontrato in un contesto in cui c’era il signor Carlo Franco”. Invitato dalla Corte a rispondere ha aggiunto “l’ho visto uscire da una abitazione in cui subito dopo mio padre ha incontrato Carlo Franco”. Questioni procedurali, avviate con la qualificazione data nella scorsa udienza agli imputati di reato connesso generale Mario Mori ed al colonnello Giuseppe De Donno – che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere – e a quella da dare al dichiarante Massimo Ciancimino, avevano caratterizzato l’udienza fin dall’avvio con schermaglie fra la Procura ed il difensore di parte civile per Salvatore Borsellino, l’avvocato Fabio Repici. Il patrono di parte civile, ha chiesto alla Corte – che si è riservata di decidere – di riconvocare Mori e De Donno per sentirli come testimoni assistiti, con l’obbligo di rispondere, cioè, alle domande, fatta eccezione per quelle che riguardano la loro posizione processuale e di ascoltare Ciancimino con la stessa qualifica. All’udienza ha fatto la sua prima apparizione in pubblico, dopo l’arresto per reati sessuali, l’imputato Vincenzo Scarantino: “Ventidue anni fa hanno creato il mostro per la strage di via d’Amelio, oggi stanno creando il mostro della violenza sessuale” ha detto Scarantino arrestato nei giorni scorsi su disposizione del Gip di Torino per violenza sessuale. “Dio mi deve accecare se ho fatto questa zozzerie e queste schifezze” ha detto Scarantino che è imputato di calunnia in questo processo. “Voglio fare presente alla Corte e ai parenti delle vittime che io non ho fatto nessuna violenza sessuale”. Poi ha deposto il procuratore di Messina, Guido Lo Forte. Il magistrato, che ‘corre’ per il posto di procuratore capo a Palermo, ha parlato dei suoi rapporti con Borsellino e dell’inizio della collaborazione di Gaspare Mutolo. “Credo sia stato Giovanni Falcone ad anticipare la notizia dell’intenzione di Mutolo di collaborare. Era una notizia che veniva dalla Procura di Firenze”. Lo Forte ha detto di non aver saputo di un incontro fra Borsellino e l’allora ministro dell’interno, Nicola Mancino, il primo luglio 1992. Quindi, a proposito delle accuse mosse da Mutolo al giudice Domenico Signorino e all’ex numero tre del Sisde, Bruno Contrada, Lo Forte ha detto che ”Fonte nelle notizie che riguardavano Signorino e Contrada erano Ingroia e Scarpinato. Prima c’era stata solo una anticipazione generica. Nessuno sapeva esattamente di cosa Gaspare Mutolo sapesse su Contrada e Signorino”.