Borsellino Quater, Aliquò: “Fu Borsellino a voler parlare con Mancino”

“Fu Paolo Borsellino a voler incontrare il ministro Nicola Mancino il primo luglio del 1992 perché contavamo di capire qualcosa di più sull’indirizzo politico che intendeva dare al ministero, ma scambiammo solo dei convenevoli e il ministro, dopo breve, ci salutò”. Lo ha detto, deponendo al processo Borsellino-quater, in corso a Caltanissetta, l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Aliquò che si trovava a Roma con Borsellino per interrogare i pentiti Leonardo Messina e Gaspare Mutolo.  “Paolo – ha detto – immaginava che il capo della polizia, Parisi, sapesse che eravamo a Roma e mi disse che avrebbe dovuto fargli una telefonata. Parisi insistette per vederlo e lui mi disse: ‘vediamo anche  Mancino e gli tastiamo il polso’”.

 “Nel pomeriggio – ha ricordato Aliquò – interrompemmo l’interrogatorio di Mutolo e andammo al ministero per incontrare il capo della polizia, presente il prefetto Rossi” . Aliquò ha quindi fermamente negato che in quell’occasione, al ministero, fosse presente o si fosse visto Bruno Contrada: “me ne sarei ricordato”. A proposito di quel primo interrogatorio di Mutolo, Aliquò ha pure escluso che il collaboratore di giustizia avesse fatto cenni al giudice Signorino o a Contrada: “ne parlò dopo” ha affermato secco.

Prima di Aliquò, nell’udienza dedicata all’audizione di quattro magistrati e dell’ex ministro dell’interno Vincenzo Scotti, sul pretorio era salito Gioacchino Natoli il quale aveva fornito la sua ricostruzione dei fatti relativi al 1 luglio ‘92, sulla base del racconto fattogli da Borsellino il giorno 2 luglio. “Paolo Borsellino, con disagio e adirato, mi raccontò che il giorno prima aveva interrotto l’interrogatorio di Mutolo perché era stato richiesto di andare al ministero dell’interno dove si insediava il ministro Mancino. Lui – ha proseguito Natoli – era stato fatto accomodare in un salotto e stava fumando, allorché vide aprirsi una porta e gli apparve Bruno Contrada e dietro di lui Parisi. Contrada – ha raccontato Natoli – lo salutò. Lui si meravigliò ma scambiarono qualche parola di saluto. Contrada ebbe a dirgli: “so che ha incontrato Gaspare Mutolo ricordi che, se le dovesse tornare utile, in passato mi sono occupato di lui e può rivolgersi a me”-

Natoli ha quindi detto che, dopo la strage di Capaci, Borsellino cercava di capire cosa era successo con il rapporto del Ros dei carabinieri, Mafia&appalti. Il teste ha ricordato il giorno in cui Borsellino andò dai carabinieri alla caserma Carini per farsi consegnare una copia integrale del rapporto che aveva provocato scontri anche con la procura di Catania, e ha spiegato che Borsellino “voleva capire la genesi della strage di Capaci, per questo gli interessava quel rapporto. Escludo che il nome di Vito Ciancimino sia venuto fuori durante quei 57 giorni”.

Davanti alla Corte d’assise nissena ha poi deposto il magistrato Ignazio De Francisci che ha ricordato di essere stato il primo, il 19 novembre del 1992, nel corso di un interrogatorio condotto dai Pm nisseni di allora, Fausto Cardella e Ilda Boccassini, a mettere a verbale la scomparsa dell’agenda rossa. “Borsellino non si separava mai da quell’agenda – ha ricordato il teste – così come della pistola a tamburo a canna corta Smith&Wesson che teneva nella borsa”.

Una dettagliata e brillante ricostruzione storico-politica d’Italia dalla fine del 1991 e dei primi sette mesi del 1992 è stata fatta con la deposizione dell’ex ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti. “Dalla fine del 1991 c’erano segnali che arrivavano dalle carceri e dai servizi che ci sarebbe stata una campagna stragista avente ad oggetto uomini delle istituzioni” ha ricordato il teste evidenziando come, dopo l’omicidio di Salvo Lima abbia riferito al Parlamento, anche in Commissione Antimafia.  Scotti ha anche parlato del decreto che rispedì in cella i boss mafiosi con un provvedimento che l’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, parlando con Scotti avrebbe definito “un mandato di cattura per decreto che non dovrei firmare perché ci sono profili di incostituzionalità”. Poi Scotti  si è soffermato a lungo a parlare delle trattative politiche per la nascita del governo Amato e  del 27 giugno 1992 quando andò a dormire da ministro dell’Interno riconfermato per risvegliarsi, l’indomani, ministro degli esteri. Al suo posto era stato scelto Mancino che, invece, sembrava destinato ai lavori pubblici.

Ultimo teste dell’odierna udienza fiume è stato il magistrato Giuseppe Fici che ha riferito delle di confidenze ricevute da Falcone subito dopo il fallito attentato all’Addaura e dell’incontro con Borsellino il 15 giugno 1992 quando quest’ultimo gli consigliò di riferire ai magistrati di Caltanissetta quanto aveva appreso. La prossima udienza è fissata per il 4 febbraio quando sono attesi gli ufficiali dei carabinieri, Mario Mori e Giuseppe De Donno

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