BorsellinoQuater: Ferraro, Martelli e Ingroia depongono in aula. Le scuse di Scarantino
L’ex ministro della giustizia, Claudio Martelli e Liliana Ferraro, ex braccio destro di Giovanni Falcone al ministero, hanno deposto oggi a Caltanissetta al processo Borsellino quater in una udienza in cui la Corte d’assise ha ascoltato anche l’ex magistrato Antonio Ingroia e le dichiarazioni spontanee dell’imputato Vincenzo Scarantino.
Ferraro e Martelli si sono soffermati a rispondere a domande relative all’incontro fra la stessa Ferraro, dopo la stage di Capaci del 23 maggio 1992, e l’allora capitano del Ros dei Carabinieri, Giuseppe De Donno, avente ad oggetto il tentativo di convincere, tramite il figlio, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino a collaborare “per fermare le stragi”. “De Donno mi disse – ha detto Ferraro – che era particolarmente disperato perché con la morte di Falcone aveva perso un amico oltre che un magistrato di riferimento. Fu allora che mi disse che era necessario fare il possibile per trovare gli assassini di Giovanni, che bisognava fermare questo stragismo, e mi parlò della loro idea di prendere contatti con Vito Ciancimino. Disse – ha ricordato Ferraro – che aveva conosciuto in passato il figlio di Ciancimino, Massimo, e lo aveva incontrato più volte in aereo in aereo”. Secondo Ferraro, all’epoca non c’era stato ancora alcun contatto fra i Ros e Ciancimino. A quel punto il Ferraro ha riferito di aver detto all’ufficiale dei carabinieri che “era urgente e opportuno che ne parlassero con l’autorità giudiziaria di Palermo. ‘Dovete andare a parlarne con Paolo Borsellino e lo farò anche io’: cosa che ho fatto.”
L’incontro fra Ferraro e Paolo Borsellino avvenne domenica 28 giugno 1992 all’aeroporto di Roma.
Nella sua deposizione che se si è svolta per l’intero pomeriggio, l’ex Guardasigilli, Martelli, ha ricordato come la Ferraro lo informò anche della richiesta di “copertura politica” che sarebbe stata sollecitata da De Donno. L’ex ministro della giustizia si è poi soffermato a parlare della nascita del governo Amato e delle difficoltà politiche affrontate dalle allora nuove norme antimafia ed in particolare sul 41 bis dell’ordinamento penitenziario.
Quindi parlando del rapporto del Ros “Mafia e Appalti”, Martelli ha detto di averlo ricevuto al ministero, nel 1992 inviato dal Procuratore di Palermo, Pietro Giammanco. “Falcone mi disse ‘ma che cosa è? Da quando in qua si mandano elementi di indagine al ministro della giustizia, al Presidente del consiglio e della Repubblica? La cosa migliore, mi disse Falcone, è rimandarla al mittente. E così facemmo”.
Poi rispondendo a chi gli chiedeva se con Falcone avessero mai parlato di Bruno Contrada, Martelli ha risposto: “Non credo che ne avesse una grande opinione…”.
Oggi, prima che sul pretorio salisse per deporre l’ex pm Antonio Ingroia, Vincenzo Scarantino, che dalla Corte d’assise di Caltanissetta viene processato per calunnia ha chieste ed ottenuto di poter fare dichiarazioni spontanee: “Chiedo scusa ai familiari delle vittime e alle persone offese. Tante volte ho cercato di dire la verità. Ho detto che quelli che mi hanno condotto a mentire sono stati La Barbera, Bo, Giampiero Valenti e Mimmo Militello e mi spiace perché ogni volta devo essere giudicato come il carnefice. Ho sempre detto – ha proseguito – che della strage non so niente e che mi hanno indotto a fare le dichiarazioni. Finché avrò ultimo respiro cercherò di difendermi per togliere ogni dubbio della mostruosità che mi hanno addossato. Mi hanno distrutto la vita sono 22 anni che non vivo più – concluso – sono chiuso in isolamento e spero in Dio che esca la verità”.
Ingroia, rispondendo alle domande dei Pm prima e dei difensori di parte civile e degli imputati, poi, ha ricordato i suoi rapporti con Borsellino, avviati nel periodo in cui il magistrato ucciso in via D’Amelio era procuratore a Marsala. Sollecitato dai Pm Ingroia ha detto che Borsellino si era interessato del rapporto del Ros dei Carabinieri, ‘Mafia e Appalti’ già nel periodo trapanese e che poi, dopo l’omicidio Lima, era tornato ad interessarsene: “Fece una piccola indagine in Procura chiedendo ai colleghi che se ne erano occupati”.
“Dopo la strage di Capaci – ha detto ancora Ingroia – Borsellino voleva dare un contributo alle indagini dei magistrati di Caltanissetta e diceva che si sarebbe seduto davanti a magistrati nisseni però solo quando avrebbe avuto delle certezze: fino a quel momento non lo avrebbe fatto”.
Quindi, sollecitato dai Pm Ingroia ha detto di non aver mai sentito Paolo Borsellino parlare o ipotizzare di ‘trattative o trattativa’ e di aver visto l’agenda grigia ma di non ricordare se usasse quella rossa pe scrivere appunti. “Quando Canale ha definito una abitudine di Borsellino quella di usare l’agenda rossa come diario sono rimasto sorpreso: Falcone aveva criticato Chinnici perché aveva lasciato un diario; Borsellino era rimasto sorpreso nell’apprendere che, nell’ultimo periodo Falcone, aveva preso appunti su un diario; ritenevo che Borsellino lo non avrebbe mai fatto” ha detto Ingroia concludendo “vorrà dire che avrà cambiato idea per lasciare traccia dei suoi ultimi pensieri…”.
Il processo prosegue l’8 aprile prossimo nell’aula bunker di Caltanissetta per ascoltare Lorenzo Narracci e Giovanni Ciancimino.