Caselli a Guzzanti “La mia squadra fermò la mafia, merita un ricordo senza dileggio”

dal Corriere della Sera del 9 settembre 2014
La lettera «La mia squadra fermò la mafia, merita un ricordo senza dileggio» Caro direttore, ho letto con interesse l’articolo di Pierluigi Battista sui Corriere dell`8 settembre, che prende spunto da una mia lettera ai Fatto riguardante il film «La trattativa» di Sabina Guzzanti, oggetto anche di una intervista alia Festa dei Fatto. Battista coglie bene la mia «indignazione» e ne spiega le ragioni riproducendo in parte la lettera. trattativaL`avevo conclusa motivandola come scritta «per rispetto alia verità, alla mia famiglia e a tutti coloro che a vario titolo (magistratura, amministrazione, polizia giudiziaria, cittadini)» hanno lavorato con me per sette anni a Palermo. Invero, a mio avviso la questione principale del film è, come annota Battista, «il rischio di veder appiattita e misconosciuta tutta la attività di contrasto alla mafia» mia e dei miei collaboratori (polizia giudiziaria in primis). Per contro, in una Palermo sconvolta dalie feroci ed orribili stragi de! maggio/luglio 1992, tutti —facendo «squadra» — ci han dato dentro impegnandosi sempre ai massimo. Di qui i duri «colpi inferti alla mafia» di cui Battista ricorda l`elenco che «con meticolosa completezza» ho fatto nella lettera. «Colpi» che mi consentono di rivendicare — serenamente — di aver contribuito (“tutti insieme) a che la democrazia italiana non si trasformasse in uno stato-mafia o narco-stato, precipitando nei baratro senza fondo un cui volevano cacciarla i mafiosi stragisti. Partendo da una situazione che Caponnetto aveva fotografato con le parole «E tutto finito; non c`è più niente da fare», siamo riusciti a risalire la china, rendendo un servizio al Paese. Certo la mafia non è stata definitivamente sconfitta, ma neppure ci ha travolti. Ecco perchè mi sembra legittimo pretendere non già di essere pensati… col tricolore indosso (ci mancherebbe!), ma almeno per quel che abbiamo davvero fatto, senza dileggi gratuiti. L`unico punto su cui dissento da Battista è dove egli dice che «Caselli credeva forse che nel mondo del Fatto la reputazione sua e degli uffici giudiziari palermitani da lui diretti per quasi sette anni sarebbe stata difesa». Penso anzi che questa difesa vi sia nella sostanza sempre stata, anche grazie allo spazio che spesso il Fatto mi offre. E devo darne atto, come voglio dare atto al Corriere di essere sempre stato sensibile e assai preciso nella trattazione dei temi dei contrasto alla mafia, oltre che disponibile a miei eventuali interventi, come in questo caso.

Gian Carlo Caselli ex procuratore capo di Torino

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