Dalle campagne alla tavola il gusto dello sfruttamento
“Voi li chiamate clandestini” di Laura Galesi e Antonello Mangano – Un viaggio nel Sud invisibile, nelle campagne degli stagionali, dei rumeni, dei magrebini, degli africani; della mancanza di capacità imprenditoriale; dei braccianti diventati padroni; di ‘ndrangheta, camorra, caporali e ‘caporale’.
È di questo che parla Voi li chiamate clandestini, il libro edito da Manifesto libri nel novembre dello scorso anno, e scritto a quattro mani dai giornalisti Laura Galesi e Antonello Mangano.
« È il racconto di un viaggio nelle cam-pagne del Mezzogiorno seguendo per due anni i migranti approdati in Italia dal mare o quelli arrivati via terra dai Paesi dell’Europa che offre – dice Galesi – uno spaccato drammatico sulle condizioni di sfruttamento dei lavoratori irregolari e sul mondo del caporalato».
Le domande di partenze che si erano poste gli autori erano: come è fatto il cibo che arriva sulle nostre tavole? Cosa sappiamo della produzione dei pomodori, base della dieta mediterranea, dei vini doc, delle arance? Le risposte ottenute non sono per nulla confortanti. «Esiste un lavoro sporco, materiale, antico che non vediamo e che rappresenta la base produttiva dell’agroalimentare italiano.
Non vogliamo vederlo – proseguono Galesi e Mangano – perché praticato da una classe di nuovi schiavi: gli stranieri senza documenti.
Troppo utili per essere cacciati via, ma non al punto da diventare cittadini titolari di diritti. Da Castel Volturno a Foggia, da Rosarno a Cassibile i migranti lavorano in condizioni spaventose, stretti da un lato da uno Stato sempre più pressante e razzista, dall’altro da una criminalità organizzata violenta e feroce».
Nel libro non mancano critiche alle linee del Governo nazionale che ha introdotto il reato di clandestinità e, dicono gli autori: «cancellato diritti elementari. La retorica della ‘clandesti-nità’ si regge su questi luoghi comuni: sono criminali (sono invece vittime di violenza, specie nel lavoro domestico ed in quello agricolo); portano malattie (invece si ammalano qui, per le spaventose condizioni in cui sono costretti a vivere); i regolari sono quelli buoni, i clandestini cattivi; rubano il lavoro.
La ‘filiera lunga’ dei prodotti agricoli è fatta di passaggi inutili, mediazioni estorsive e caporalato. Un’economia dell’assurdo i cui costi sono pagati dagli anelli più deboli, i lavoratori stranieri ed i consumatori finali».
Perchè questo titolo al libro? “Voi li chiamate “clandestini”, perchécosì li chiama il telegiornale. E confondete migranti e profughi, chi viene per migliorare la propria condizione economica e chi sfugge alle guerre. La “filiera lunga” dei prodotti agricoli è fatta di passaggi inutili, mediazioni estorsive e caporalato. Un’economia dell’assurdo i cui costi sono pagati dagli anelli più deboli, i lavoratori stranieri e i consumatori finali.
Vogliamo svelare il volto dell’emigrazione “dopo Lampedusa” che i telegiornali non raccontano, e che i politici preferiscono trasformare nella barbara e falsa retorica dell’invasione”.