L’affaire covo di Riina secondo Mori e secondo i media
A Ballarò Mori rivela che la casa dove fu arrestato Riina non venne perquisita perché secondo il Ros quello non era il “covo”, bensì la residenza della sua famiglia.
LA STAMPA Cronache Giovedì 21 Gennaio 1993 pag.13
Passato al setaccio un palazzo nella zona della cattura, top secret il materiale scoperto Irruzione nell’ultimo covo di Riina Grande fuga dal paese del pentito ”
PALERMO – DAL NOSTRO CORRISPONDENTE – C’è un riserbo impenetrabile sull’ultimo nascondiglio di Totò Riina a Palermo. A sei giorni dalla sua cattura un edificio in via Bernini, vicino a dove i carabinieri del Ros venerdì mattina hanno messo fine ai suoi 24 anni di latitanza, ieri è stato circondato in forze. A cronisti, fotografi e teleoperatori i militari hanno impedito tanto di accedere quanto di avvicinarsi al palazzo abitato da gente di piccola e media borghesia. E’ stato dunque individuato l’ultimo covo della «belva»? La zona è dietro il motel Agip tra viale Michelangelo, via Leonardo da Vinci e viale Regione Siciliana. I giudici di Caltanissetta che indagano sulle stragi Falcone e Borsellino forse oggi interrogheranno Riina a Roma nel carcere di Rebibbia dove già lunedì mattina il capomafia è stato faccia a faccia con i giudici di Palermo. Il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Gianni Tinebra certo avrà molte domande da porre a Riina che è fortemente sospettato di essere stato il mandante delle due stragi alle quali, invece, lunedì il boss ha assicurato di essere del tutto estraneo. Tinebra in ogni caso potrà contestare formalmente al capo della potente e sanguinaria «famiglia» dei corleonesi l’imputazione di associazione mafiosa che Nudo in casa dell amica NEW YORK. Anthony Casso, detto «Gaspip’e», il boss mafioso arrestato martedì a Mount Olive, nel New Jersey, è stato sorpreso nudo dagli agenti dell’Ebi mentre faceva la doccia in casa della sua amica, Rosemarie Bilioni. L’uomo è considerato come un «assassino senza scrupoli» ed è incluso ai primi posti della lista dei più ricercati d’America. Si dice ad esempio che arrivò a far uccidere Anthony Fava, un architetto che gli aveva progettato una villa, semplicemente per non pagargli la parcella. James Fox, capo della Fbi di New York, non ha nascosto la sua soddisfazione. Il funzionario ha detto che l’esponente della famiglia Lucchese si è lasciato ammanettare solo con un asciugamano legato attorno alla vita. La sua amica è stata arrestata per favoreggiamento. Casso è accusato di avere ordinato l’eliminazione di almeno sette persone tra cui Michael Salerno, Bruno Fatiola e Al Visconti. [Ansa] gli è stata addebitata con l’operazione «Leopardo» dopo le rivelazioni del pentito di San Cataldo Leonardo Messina. E le cose dette da un altro pentito, Baldassarre Di Maggio, detto «Balduccio», l’ex autista di Riina che in Piemonte avrebbe raccontato molti particolari preziosi per la cattura del capo, hanno scatenato un pandemonio a San Giuseppe Jato, a 30 chilometri da Palermo. Qui, nel paese di Di Maggio, venerdì stesso appena la notizia dell’arresto di Riina è corsa come il vento un bel po’ di gente è improvvisamente partita «per lavoro» o per altri motivi non molto chiari. Persone che evidentemente han¬ no preferito mettersi da parte per evitar i più che probabili contraccolpi. Sarebbero attualmente lontani dal paese alcuni amici e parenti di Di Maggio che gli inquirenti indicano come legato a doppio filo fino a pochissimo tempo fa con il clan di Bernardo Brusca condannato nel primo maxi processo, cinque anni fa, e secondo Buscetta e altri pentiti tanto amico di Riina da esser stato incluso proprio da lui nella «cupola». E dopo il tradimento di Di Maggio, a San Giuseppe Jato, che sta dunque succedendo? I carabinieri stanno facendo un vero e proprio censimento per accertarsi delle presenze e delle assenze.
Fa discutere intanto l’eventualità che Riina non venga trasferito all’Ucciardone per assistere ai processi nei quali è attualmente imputato a Palermo e ai quali già lunedì ha comunicato di voler presenziare, com’è suo diritto. Il ministro dell’Interno Nicola Mancino è dell’avviso che sia possibile garantire questo diritto anche degli imputati particolarmente a rischio attraverso telecollegamenti tra l’aula d’udienza e il carcere o la località segreta in cui essi si trovano. «Credo che vi siano già le condizioni per gli interrogatori a distanza previsti del resto dall’ultima legge sulla lotta alla criminalità organizzata», ha detto Mancino riferendosi alla possibilità stabilita per i pentiti e convenendo tuttavia sulla conseguente incertezza della regolarità formale del processo. Il presidente della commissione Antimafia Luciano Violante ha definito «positiva» la tesi del telecollegamento anche perché ha detto – eviterebbe di esporre gli imputati e i testi in pericolo a trasferimenti costosi e rischiosi. Contrario invece il gip di Palermo Agostino Gristina, che lunedì ha interrogato a Rebibbia Riina: sul video, a suo parere, è impossibile cogliere tutte le sfumature, sarebbe più indicata la presenza materiale dell’imputato in aula. Antonio Ravidà
(23 gennaio 1993) – Corriere della Sera
MALUMORE TRA GLI STESSI CARABINIERI DEL ROS PER L’ OPERAZIONE SPETTACOLO NELL’ EX DEPOSITO DI VIA UDITORE
il pentito indica il ” vero ” covo
Riina Salvatore nascosto in una villa vicina alla tenuta perquisita l’ altro giorno. le indicazioni sono arrivate da Di Maggio Baldassarre, detto ” Balduccio ” , ex guardaspalle e autista del boss
DAL NOSTRO INVIATO PALERMO . Il vero covo di Riina sarebbe una villa ad un piano, grandi vetrate e tetti spioventi, ampia e confortevole, celata dagli alberi e da un viale con il cancello automatico. Una villa forse abbastanza vicina al fondo di via Uditore setacciato mercoledi dai carabinieri. E’ stato il pentito arrestato a Novara, Baldassarre Di Maggio, l’ ex autista di Toto’ Riina a indicare il terreno di proprieta’ della Regione come uno degli ultimi nascondigli del padrino di Cosa Nostra e a parlare con tutta probabilita’ della presenza del boss con la sua famiglia in un’ area compresa fra viale Regione siciliana e via Bernini, una zona ricca di confortevoli complessi residenziali. “Balduccio”, come viene chiamato il pentito nel suo paese, a San Giuseppe Jato, e’ stato guardaspalle e autista di Riina fino all’ anno scorso quando per uno sgarbo capi’ di essere stato condannato a morte e fuggi’ in Piemonte. Sta rivelando particolari importantissimi firmando verbali robusti come elenchi telefonici. Dentro ci sono tanti nomi e tante storie. Ma si ferma tutto ad un anno fa. E dice poco delle stragi del ‘ 92. Le sue indicazioni avrebbero pero’ consentito di concentrare le indagini sulla borgata dell’ Uditore, sul fondo dei misteri e sulla villa ufficialmente non ancora identificata. Ecco un altro angolo di Palermo che concentra l’ attenzione generale non solo per la probabile permanenza di Riina ma anche perche’ c’ e’ il giallo di un contadino che riesce a tenere per se’ venti ettari della Regione pagando poco piu’ di 400 mila lire all’ anno. E’ la storia dell’ ottuagenario Francesco Gelsomino, di uno stuolo di figli, generi e nipoti che non commuovono piu’ di tanto il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Aliquo’ convinto che il blitz di mercoledi sia stato “un lavoro ben fatto”. E conferma l’ esistenza di “elementi che ci fanno intuire che il boss di Corleone sia stato in quel fondo”. Il riferimento alle rivelazioni di “Balduccio” rimbalza da Torino e crea nervosismo sia fra i magistrati sia fra gli uomini del Reparto operativo speciale dei carabinieri che avrebbero preferito l’ anonimato del pentito al posto di uno stillicidio di notizie forse finalizzato a recidere alcuni rami di indagine. Dal giorno della cattura di Riina si sommano una serie di punti oscuri. Alcuni determinati dalla necessita’ di lavorare contro la mafia senza scoprire le carte. Altri provocati da contraddizioni tutte interne all’ apparato investigativo. A cominciare dalla versione ufficiale sulla pista che porta alla cattura del padrino. Il Ros dice che e’ l’ epilogo di cinque mesi di indagine e da Torino invece balza fuori il recentissimo arresto di Di Maggio. Gli strateghi della grande cattura continuano la caccia al covo per una settimana ma poi il blitz di Fondo Uditore lo portano a termine gli ufficiali del Gruppo 1 e del Gruppo 2 di Palermo, euforici giovedi mattina e praticamente muti nel pomeriggio perche’ la pubblicita’ non e’ piaciuta ai colleghi del Ros. Un solo dato e’ certo. I familiari di Gelsomino presentatisi dopo l’ irruzione nelle case di Fondo Uditore non sono stati nemmeno interrogati soffocando perfino il sospetto di un favoreggiamento nei confronti di Riina. Loro adesso protestano allarmati per i danni subiti ma in questa storia pagheranno comunque un prezzo perche’ il presidente della Regione siciliana Giuseppe Campione ha deciso di andare fino in fondo denunciando i ritardi della magistratura civile che da dieci anni rinvia una decisione sul contenzioso aperto. Da una parte ci sono i Gelsomino che pagano 416 mila lire all’ anno, in virtu’ di un favorevole contratto di locazione loro concesso dall’ Agip e firmato nel 1962 dall’ ingegnere Nunzio Toti. Dall’ altra c’ e’ l’ ufficio demanio della Regione che ogni anno promuove invano decreti ingiuntivi. L’ ultimo aggiornamento di 529 milioni e 125 mila lire risale al 31 dicembre del 91 ed e’ stato notificato a quelli che vengono indicati come gli “occupanti abusivi” a cura del direttore dell’ Ufficio del registro. Una cifra alla quale bisogna aggiungere rivalutazione monetaria ed interessi legali. La richiesta sfiora gli 800 milioni. La Regione ha investito sin dal 1981 l’ avvocatura distrettuale dello Stato per avviare la procedura diretta a ottenere il rilascio dell’ immobile nell’ ambito di un progetto che prevedeva la realizzazione in quell’ area del palazzo dei congressi. Un’ opera per la quale allora era stato gia’ bandito l’ appalto concorso poi arenatosi a causa di un’ inchiesta giudiziaria sfociata nell’ arresto dell’ imprenditore catanese Carmelo Costanzo e di alcuni funzionari. Successivamente si penso’ a utilizzare il terreno per la nuova sede della Rai e fu in quell’ occasione che il fondo fu trasferito dal patrimonio disponibile a quello indisponibile della Regione. Variazioni cartacee comunque ignorate dai signori Gelsomino che continuavano a passare le loro estati al fresco tra nespoli, mandarini e palme. La dottoressa Mirella Sanfilippo che coordina questo ramo d’ amministrazione e che ormai parla di “una violenta resistenza opposta dal signor Gelsomino” l’ anno scorso pensava di essere in dirittura d’ arrivo ma il 6 marzo del ‘ 92 si e’ bloccato tutto per l’ ennesima opposizione al decreto ingiuntivo e il tribunale civile s’ e’ preso un altro anno per decidere. Ce n’ e’ quanto basta perche’ Campione indaghi sui suoi uffici come ha annunciato di fare anche l’ Antimafia regionale lanciando pero’ contemporaneamente “un appello al sistema istituzionale: bisogna evitare i tempi biblici per non favorire direttamente o indirettamente gli interessi criminali”. Nel tira e molla delle notizie sul covo che non c’ e’ molti cronisti tornano a Corleone nella speranza di intervistare moglie e figli di Riina. Ci ha provato anche Bianca Cordaro del TG3 ma anziche’ una intervista s’ e’ guadagnata una doccia fredda insieme con il cameraman. All’ ennesima richiesta di un colloquio dal terrazzo dell’ edificio, al terzo piano, e’ stato lanciato un secchio d’ acqua mentre una voce minacciava: “La prossima volta sara’ acqua bollente”. E’ dura per i cronisti che spesso vagano da un punto all’ altro di Palermo sulla base di voci pilotate forse anche per depistare o forse addirittura per troncare filoni di indagine. E’ questa la sensazione avuta da molti alla vigilia del blitz dell’ Uditore quando improvvisamente un plotone di giornalisti e cameramen si e’ trasferito dal Palazzo di giustizia verso via Bernini, una delle strade vicine al fondo dei misteri. E’ accaduto tutto mercoledi mattina mentre con tutta probabilita’ in quella zona era in corso un servizio improvvisamente smantellato dalla presenza inopportuna delle telecamere a ridosso dei confortevoli complessi residenziali confinanti con un basso caseggiato del tribunale con portone blindato, spuntoni piantati sul muro di cinta ed una tabella rassicurante, “Istituto vendite giudiziarie”. Di qui la sorpresa di molti giornalisti quando il giorno dopo si sono trovati nel fondo dell’ Uditore un tempo confinante con quei residence e adesso separato da una strada malmessa. E’ solo un caso che la voce li abbia portati da quelle parti con un giorno di anticipo? E’ un altro punto oscuro di questi giorni convulsi segnati da cronache imprecise e da piccoli grandi gialli. Felice Cavallaro
Pagina 11 (23 gennaio 1993) – Corriere della Sera
MAFIA: RIINA; INDAGINI (ANSA) - PALERMO, 20 GEN - Il quartiere alle spalle del Motel Agip, tra via Leonardo da Vinci e viale Michelangelo, viene passato al pettine dai carabinieri che cercano l' ultimo covo di Salvatore Riina. Gli investigatori hanno con fermezza costretto giornalisti e fotografi ad allontarsi dalla zona dove sono in corso gli accertamenti. Le indagini si svolgono anche a San Giuseppe Jato, a 30 chilometri da Palermo, il paese d' origine di Baldassere Di Maggio, ex ''autista'' di Riina che ha avuto un ruolo nella fase conclusiva dell' operazione ''Belva''. Qui, secondo indiscrezioni, sarebbe addirittura in corso un censimento di assenze sospette che potrebbero ricadere tutte all' interno di una vasta area di favoreggiamento che ha coperto la latitanza del superboss. A San Giuseppe Jato parenti di Baldo di Maggio hanno detto che il pentito era amico d' infanzia dei figli di Bernardo Brusca, il boss del paese componente la ''Cupola''. Di Maggio si era allontanato dopo forti contrasti con i genitori conseguenti alla decisione di abbandonare moglie e due figli, per convivere con una donna dalla quale ha avuto un terzo figlio. Una decisione che non e' conforme con le regole di Cosa Nostra. Di Maggio avrebbe invano preteso che il padre vendesse un appezzamento di terra in contrada Ginestra, per avere disponibilita' di contanti dei quali dimostrava di avere bisogno dopo la rottura con la sua famiglia. (SEGUE). RED-GAL 20-GEN-93 18:45 NNNN ZCZC969/99 U CRO S0B S41 QBKS MAFIA: RIINA; INDAGINI (2) (ANSA) - PALERMO, 20 GEN - Secondo alcuni suoi parenti, ''Balduccio'' dunque avrebbe deciso di collaborare con i carabinieri anche nella prospettiva di incassare la consistente ''taglia'' posta dal Viminale su Riina. L' inchiesta dopo la cattura esamina due disinte aree di favoreggiamento: una ''fisologica'' e cioe' all' interno delle cosche e della manovalanza mafiosa inpegnata per anni nella tutela del latitante. L' altra e' formata da ''insospettabili'', che hanno tenuto rapporti con Riina e la sua famiglia ben conoscendo la loro reale indentita'. Un fascicolo che ipotizza il reato di favoreggiamento personale e' aperto nell' ufficio del giudice per l' indagine preliminare e contiene centinaia di intercettazioni telefoniche, alle quali ogni giorno si aggiungono nuove pagine. Intanto il procuratore della repubblica di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, ha detto che interroghera' ''prestissimo'', probabilmente gia' domani, Riina a Rebibbia per contestargli l' accusa di associazione mafiosa sulla base delle rivelazioni di Leonardo Messina. Si tratta delle accuse che hanno provocato, il 16 novembre scorso, l' operazione ''Leopardo'', con 203 ordini di custodia cautelare. Tinebra non ha voluto precisare se nel corso di questo adempimento tecnico rivolgera' domande a Riina anche sulle due stragi palermitante del 1992. (ANSA). RED-GAL 20-GEN-93 18:46 NNNN