La legalità parolaia ‘smascherata’ dal Pm

13 gennaio 2012 – 12:41

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A Caltanissetta, città dove è stata ideata e messa su carta la modifica al codice etico di Confindustria, ci sono “solo parole di legalità, ma niente fatti”. Non lascia scampo, all’antimafia e alla legalità parolaie, la requisitoria del pm Stefano Luciani, che nel processo ‘Redde rationem‘, chiedendo dure condanne per mafiosi ed estorsori, ha voluto evidenziare come “il contributo di chi si è costituito parte civile in questo processo è stato pari a zero”. E non è una accusa irrilevante quella del Pm, visto che nel processo le parti civili sono imprenditori iscritti a Confindustria, commercianti ed associazioni antiracket, che la legalità non dovrebbero solo sbandierarla a parole.
“Tanti anni fa – ha sottolineato il Pm – l’atteggiamento verso la mafia, verso le estorsioni, era quello del silenzio, della reticenza. Oggi non si fa altro che parlare di legalità. Ma si tratta di legalità fatta a parole, fine a se stessa, ma fatti non ce ne sono. La legalità va sostenuta con i fatti, dando la possibilità alla magistratura e alle forze dell’ordine di lavorare”.
A Caltanissetta, invece, “ci sono stati imprenditori che hanno negato l’evidenza, nessuno si è presentato in Procura a raccontare ciò che aveva subito, salvo cercare di rimediare solo dopo le polemiche e il clamore mediatico suscitati dalla vicenda. Durante gli interrogatori – ha detto Luciani – ci è stato raccontato quello che era impossibile negare, ma qualcuno ha addirittura sostenuto che la mafia a Caltanissetta non esisteva più visto il buon lavoro che il nostro ufficio aveva svolto. Tant’è che, scherzando – ha riferito il Pm – sono andato dal mio procuratore aggiunto dicendogli che potevamo anche chiudere con il nostro lavoro visto che la mafia nissena era stata debellata”. Secondo il Pm, però, “è finita la favola della città felice”. Per il rappresentante della pubblica accusa, infatti, “la mafia non solo cercava il controllo del territorio tramite il sistema delle estorsioni, ma è anche emerso come in tanti hanno cercato voti per le elezioni elettorali del 2004, rivolgendosi a esponenti di Cosa Nostra nissena. A Caltanissetta la mafia ha cercato l’appoggio di imprenditori e commercianti per gestire i subappalti delle forniture di cemento, degli inerti, nel settore edile e nella carpenteria”. Un sistema sgominato non grazie all’aiuto degli imprenditori ‘antimafia’ ma dei ‘pentiti’. “Senza di loro non sarebbe stato possibile accertare quello che Cosa Nostra ha commesso”.

 


Articolo stampato da: Il Sud: mensile di economia, politica e cultura diretto da Salvatore Carrubba – http://www.sudmagazine.it

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