L’operazione trasparenza di Facebook
Continua l’«operazione trasparenza» di Facebook, uno dei colossi del web sotto la lente per il Datagate. Dopo il Transparency Report, con cui ha reso noto le richieste dei governi sugli utenti, il social network aggiorna i suoi documenti che si occupano di privacy. Rendendo più esplicito, tra l’altro, che per il “tag” – lo strumento con cui si etichettano amici e conoscenti che compaiono nelle foto pubblicate – viene incorporata l’immagine del profilo, presente nel database personale. Una funzione di riconoscimento facciale attiva negli Usa, ma non possibile in Europa per maggiori restrizioni sulla privacy. Un’operazione chiarezza che apre comunque una ulteriore riflessione su come l’azienda usa i nostri dati personali, come i nostri “like” o tutto quello che condividiamo. L’aggiornamento dei documenti – sono il Data Use Policy (Dup) e Statement of Rights and Responsibilities (Srr) – che spiegano in che modo la piattaforma raccoglie e utilizza i dati degli utenti (che a loro volta possono esprimere un parere fino al 5 settembre) arriva anche a pochi giorni dalla decisione di un giudice americano su una class-action intentata nel 2011. Ha stabilito un indennizzo per oltre 600mila utenti del social network utilizzati per le campagne pubblicitarie senza alcuna autorizzazione. Con le Sponsored Story, introdotte due anni fa, se un utente cliccava “Mi piace” sulla pagina di un marchio, rischiava di ritrovarsi in un elenco di testimonial.