Ustica, le verità nascoste
(Iniziato a Palemo il processo civile d’appello sulle verità nascoste di Ustica)
I ministeri della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti appellano la sentenza del tribunale di Palermo che imputa loro responsabilità nell’occultamento dei fatti
Avrebbero, con ogni mezzo, contribuito all’occultamento della verità per venti anni e per questo, oltre a dovere risarcire i parenti delle vittime per lesione del diritto parentale, sono stati condannati a risarcire per il fatto di avere impedito l’accertamento della verità. Si tratta dei ministeri della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti condannati in primo grado dal Tribunale civile di Palermo a risarcire i parenti delle 81 vittime con 101 milioni di euro oltre agli interessi decorrenti dal 1980.
Ad inizio di febbraio ha preso il via il giudizio davanti alla prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo alla quale i due ministeri chiedono di annullare, o quantomeno ridurre la condanna al risarcimento.
I giudici d’Appello sono chiamati, preventivamente, a pronunciarsi sulla richiesta di sospensione dell’esecuzione delle 4 sentenze di primo grado nelle quali i ministeri sono stati condannati.
L’Avvocatura ritiene che risarcire i familiari dopo 31 anni dal fatto possa arrecare un grave danno ai due ministeri.
Ma gli avvocati Daniele Osnato e Alfredo Galasso, che assistono 68 degli 81 parenti delle vittime che hanno convenuto in giudizio le due amministrazioni dello Stato, si oppongono rilevando che sono stati proprio i due ministeri, attraverso dirigenti e funzionari dipendenti, ad essere responsabili del trascorrere di così tanto tempo.
In subordine, comunque, i due legali chiedono che venga comunque disposto il pagamento, oltre che delle spese legali, della parte rela-tiva ai “danni non patrimoniali”, che ammontano a circa 500mila euro per ciascun attore.
La sera del 27 giugno 1980, sui cieli fra le isole di Ponza e Ustica, l’aeromobile IH870 della compagnia Itavia in volo da Bologna a Palermo, mentre percorreva la aerovia civile “Ambra 13”, giunto nel settore in cui l’aerovia militare francese “Delta Whisky 12”, abusivamente, si intersecava con quella civile – e cioè in quello che per la sua pericolosità veniva denominato “punto Condor” – venne abbattuto da una esplosione avvenuta, probabilmente, all’esterno del velivolo.
In fondo al mar Tirreno, oltre al DC9, sono ἀniti pure i corpi degli 81 occupanti del volo decollato da Bologna, alle 20:08, con 2 ore di ritardo rispetto all’orario previsto, e caduto fra le 20:58 e le 21:04.
Quella notte nei cieli italiani qualcosa successe. Chi colpì, probabilmente con un missile, il DC-9, non ha un nome e nemmeno una nazionalità, perché “coperto” caparbiamente, da segreti, manomissioni e omertà di varia natura e genere.
Quello che i giudici di primo grado hanno accertato è la responsabilità dei due ministeri, non solo per i molteplici depistaggi avvenuti, ma anche per non avere impedito che accadesse con negligenze ed omissioni ai doveri di legge legati alla garanzia di sicurezza del trafἀco lungo aerovie civili.
In particolare per non avere segnalato le autorità militari a quelle civili della presenza di altri velivoli sulla rotta del Dc 9, non aver detto al velivolo dell’Itavia di cambiare rotta o quota e non aver mai preso provvedimenti per evitare pericolose intersecazioni nel pericolosissimo “punto Condor” dove l’aereo Bologna-Palermo venne abbattuto.
tratto da ilSud